I legumi fanno parte dell’alimentazione dell’uomo fin dall’antichità e costituiscono una componente fondamentale della piramide alimentare, rientrando in diverse ricette della tradizione. Tuttavia, in media si osserva un consumo inferiore a una porzione alla settimana e, oggigiorno, solo un italiano su tre li porta in tavola.
Fagioli, lenticchie, ceci, piselli, fave e lupini rientrano fra i legumi più conosciuti e maggiormente impiegati; recentemente, però, si sono diffusi anche soia, fagioli azuki e mung, con la riscoperta delle cicerchie.
Definiti come la “carne dei poveri”, dal punto di vista nutrizionale i legumi sono tra gli alimenti più ricchi di nutrienti. Con un apporto proteico simile a quello di molti prodotti di origine animale, per essere qualitativamente completi, vanno assunti in combinazione con altre proteine vegetali. L’associazione con i cereali, preferibilmente integrali, va così a integrare il profilo amminoacidico, altrimenti carente in amminoacidi solforati (metionina, cisteina).
I legumi, inoltre, presentano un discreto quantitativo di amido, sono ricchi di fibre e micronutrienti (ferro, zinco, vitamine del gruppo B). Gli oligosaccaridi presenti nella buccia svolgono un’importante funzione prebiotica, essendo metabolizzati dal microbiota con produzione di acidi grassi a catena corta e gas.
Causando possibile gonfiore e distensione addominale in alcuni soggetti maggiormente sensibili, si consiglia di optare per prodotti decorticati oppure passati al passaverdure per trattenere la buccia. Diversi studi scientifici hanno evidenziato un’associazione inversa fra consumo di legumi e rischio di patologie cronico-degenerative come diabete di tipo 2, obesità e sindrome metabolica.
A tal proposito è interessante l’effetto metabolico associato all’impatto che i legumi hanno sul profilo glicemico: infatti, riducono non solo l’indice glicemico del pasto che li contiene ma sono in grado di modulare anche la risposta glicemica del pasto successivo.
Articolo a cura del Laboratorio della Farmacia.